Esploratore

Terzo racconto spin-off del romanzo “Quando Borg posò lo sguardo su Eve” inserito nell’antologia “Soundscapes” pubblicata dalle Edizioni Scudo https://innovari.wixsite.com/edizioniscudo/soundscapes

Quando Martin McKarty entrò nella tenda con il viso rosso e grondante sudore, John Carter aggrottò la fronte.

«Cosa c’è?»

«Borg 34 non è tornato.»

John Carter socchiuse le labbra, attese qualche secondo, dopodiché disse: «L’hai mandato nella zona rossa A72, vero?»

«Sí.»

«Da quanto è fuori?»

«Da sei ore.»

Carter tacque e valutò la situazione. Erano a due giorni di cammino dalla Contea, al limitare della zona rossa dove le rilevazioni ambientali sconsigliavano di avventurarsi. La Prima Primavera aveva visto i sopravvissuti ansiosi di sapere quanto del loro pianeta fosse scampato alle guerre, alle epidemie e al disastro ambientale che avevano decimato l’umanità. Così quando i primi Borg adulti erano stati ritenuti pronti, si erano organizzate spedizioni come la loro. Creati in laboratorio con l’intento di aiutare gli esseri umani a ripopolare un pianeta rimasto, ormai, quasi disabitato, erano esseri a metà strada tra l’uomo e il robot.

«Dimmi tutto,» disse poi

McKarty si avvicinò al piccolo tavolo posto al centro della tenda. Mise mano alla tasca del giaccone, ne estrasse una mappa tutta accartocciata, la sbatté violentemente sul ripiano e prese a stenderla con le mani. Poi con il dito indicó un punto.

«Il segnale del trasmettitore si è fatto via via più debole a dieci chilometri dal limitare della zona rossa ed é stato impossibile inviare e ricevere comunicazioni.»

Carter guardò a sua volta e individuò la croce che lui stesso aveva segnato.

«Questo è il punto che Borg 34 doveva raggiungere, al di là della zona rossa A72. Questi segni che ho fatto con la matita indicano tutte le volte che sono riuscito a localizzare il segnale del trasmettitore.»

«Stai scherzando, vero?» esclamó Carter, abbandonando la sicurezza che di solito lo contraddistingueva e allungando le mani verso la mappa

«Niente affatto!»

McKarty aveva tracciato una serie di raggi che sembravano convergere verso la croce e su questi aveva indicato con dei puntini le coordinate in cui aveva agganciato il segnale del trasmettitore. C’erano tre raggi con quattro puntini e uno con due soltanto. Carter prese a tormentarsi il pizzetto, segno che era nervoso.

«Nelle ultime due ore ha fatto avanti e indietro già tre volte,» aggiunse il collega, poi guardó l’orologio, sganciò la radio dalla cintura e la mise sul tavolo

Di lí a un minuto l’apparecchio emise un lungo fischio.

«Questa è la quarta,» sentenziò infine McKarty

Carter sollevò lo sguardo su di lui senza dire nulla. I Borg mandati in esplorazione fino a quel momento non avevano fatto ritorno, così avevano deciso di organizzare una spedizione di controllo che riuscisse a fare luce sulla cosa. Rischiavano di coprirsi di ridicolo… Un conto era perdere dei Borg mandati da soli, un conto era perdere un Borg in una spedizione che includeva dei controllori.

«Mi sembra già di sentire le risatine dei colleghi giù alla base.» disse McKarty, passandosi nervosamente una mano tra i folti capelli. «Quando hai insistito per questa spedizione…»

«L’ho fatto per salire di grado, ma non è questo il punto. Adesso dobbiamo pensare a un modo per recuperare Borg 34 o possiamo dire addio alla promozione.»

«Promozione? Se torniamo senza i dati sulla zona A72 diventeremo lo zimbello della base, ma se torniamo senza il Borg potremmo anche essere accusati di averlo danneggiato, smarrito e chissà cos’altro!»

«Non accadrà! Noi porteremo a termine questa spedizione e faremo ritorno alla base insieme a Borg 34!» concluse Carter

Quindi andò dalla parte opposta al tavolino e cominciò ad armeggiare con una serie di cavi.

«Che cosa vuoi fare?»

«Amplificare il segnale del trasmettitore ed essere in grado di riuscire almeno a sentire Borg 34. Tra quanto verrà agganciato di nuovo?»

McKarty guardo l’orologio: «Gli intervalli sono di circa 30 minuti.»

Carter annui, visibilmente agitato, quindi si diede da fare per collegare la radio al sistema di antenne di cui era dotata la postazione. La tenda era stata montata nei pressi di una stazione di comunicazione che, come le altre, sorgeva in una zona arancione. La stazione era in parte automatizzata e serviva per raccogliere dati ambientali, che venivano poi inviati alla base a intervalli regolari. L’intento di Carter era quello di escludere la rilevazione per usare le antenne come amplificatori di segnale e ripetitori. Quando arrivò l’ora entrambi trattennero il fiato. Le antenne fecero il loro dovere e la radio emise un lungo fischio, seguito da un fruscio in cui era possibile distinguere delle parole: 33, 32, 31, 30 – 33, 32, 31, 30 – 33, 32, 31, 30…

«Sono numeri!» esclamò McKarty

«Una sequenza di numeri per la precisione,» convenne Carter

«La sta ripetendo come una cantilena… Che sia impazzito?»

«Non lo so, ma se gli altri Borg non sono tornati un motivo ci deve essere. Siamo qui anche per questo. Dobbiamo avvicinarci quanto più possibile al Borg e cercare di comunicare con lui.»

McKarty annuì senza troppa convinzione. Aveva molta fiducia nel suo collega e sapeva che sarebbe riuscito a mettere in atto la sua idea. Carter, dal canto suo, lasciò la tenda e andò verso il piccolo deposito ai piedi del sistema di antenne, dove si procurò due tute protettive e due bombole di ossigeno.

«Che cosa vuoi fare?» chiese McKarty, quando lo vide tornare tutto bardato

«Andremo fino al limitare della zona rossa. Cercheremo di arrivare quanto più vicino possibile al punto in cui Borg 34 é alla minor distanza da noi e lí tenteremo di metterci in contatto con lui.»

Mentre McKarty indossava la sua tuta, Carter fece una modifica alla radio che sperava servisse per amplificare la sua portata. Quindi si avviarono verso la zona rossa A72. Giá a poca distanza dall’installazione per le comunicazioni il paesaggio cominciò a cambiare drasticamente. La vegetazione, che era già assai rada, sparì del tutto per lasciare il posto a pochi arbusti rinsecchiti. Il terreno perse ogni traccia di colore, per diventare una massa marrone informe dove non cresceva nulla. Nelle due ore che impiegarono a raggiungere il limite oltre il quale non era possibile andare, il segnale del trasmettitore agganciato dalla radio aveva trasmesso una nuova sequenza numerica: 33, 32, 31, 30, 29. Le radiazioni presenti nel posto avevano trasformato quel luogo in una landa desertica. McKarty indicó il punto sulla mappa.

«Dobbiamo fermarci!» intimó a Carter «Proseguire sarebbe un suicidio!»

Carter fissó per un attimo l’orizzonte, poi si arrese all’evidenza senza dei fatti. La concentrazione di radiazioni in quella zona era destinata ad aumentare e le loro tute erano già sotto stress. Si inginocchiò e posò a terra la radio e l’aggeggio che vi aveva collegato, poi guardò l’orologio. Dovevano attendere dieci minuti. Quando udì il fischio fece un tentativo.

«Borg 34! Mi senti? Sono Carter! Mi senti? Rispondi!»

«Sí, ti sento John Carter. 33, 32, 31,30, 29.»

«Devi tornare immediatamente! Dirigiti verso di noi.»

«Manca 28.»

«Ti trasmetto le coordinate…»

«Manca 28.»

«Mi hai sentito?» urlò Carter con tutte le forze che aveva

«Sí ho sentito, John Carter. Trasmetto la mia posizione.»

«Per la miseria!» esclamò McKarty «È solo a due chilometri da qui.»

«Poco e troppo allo stesso tempo nella nostra situazione.»

«Borg 34 devi fare immediatamente ritorno all’accampamento. Le nostre tute non reggeranno ancora a lungo, quindi ti precederemo e ti aspetteremo là, mi hai capito?»

«Manca 28.»

Carter disperò che il Borg avesse veramente compreso le sue parole. Sembrava completamente uscito di senno. Non c’era altro che potessero fare. Si rimise in piedi e fece segno a McKarty di seguirlo. Fecero ritorno alla tenda, dove bruciarono le tute che ormai risultavano danneggiate in più punti e irrimediabilmente compromesse. Arrivarono le tenebre e poi la notte. Durante le lunghe ore di attesa la radio non aveva fatto altro che trasmettere la stessa identica cantilena a intervalli regolari: 33, 32, 31, 30, 29, 28 e via di seguito.

A notte fonda, quando sia Carter che McKarty si erano addormentati sulle brande, la radio cominciò a trasmettere in contemporanea a qualcun altro. Si destarono giusto in tempo per vedere Borg 34 entrare nella tenda. Il Borg era massiccio, con spalle larghe, muscoli e gambe ben piazzate. Qualcosa in lui esprimeva sofferenza e la pelle presentava escoriazioni in più punti. In braccia portava un altro Borg in condizioni peggiori delle sue.»

«Mancava 28. È ancora vivo. Occupatevi di lui, mentre io vado a prendere 33, 32, 31, 30 e 29.»

I due uomini rimasero interdetti per alcuni istanti, ma quando il Borg posò il compagno su una delle brande, McKarty corse a prendere una cassetta del pronto soccorso, mentre Carter avvertita la base che avevano bisogno di soccorsi. Quando, trionfante, annunciò che avevano ritrovato in vita il primo Borg inviato in esplorazione e che erano in procinto di recuperare i corpi degli altri, dall’altro capo arrivò un “Ottimo lavoro!” che gli fece sentire la promozione in tasca.

«È fatta McKarty! Alla base saranno tutti contenti dei dati che Borg 34 ha raccolto sulla zona rossa e, pensa, abbiamo persino un esploratore ancora vivo!»

Il collega si girò a guardarlo con gli occhi da fuori. Il sonno mancato, la stanchezza e la tensione delle ultime ore avevano lasciato profondi segni sul suo volto.

«Solo a questo riesci a pensare in un momento così?»

Carter gli lanciò uno sguardo interrogativo, sorpreso dal tono che McKarty stava usando con lui.

«Spiegami…»

«Borg 34 ha salvato il suo compagno! E sta riportando qui i corpi senza vita degli altri! Sai che significa? Che provano sentimenti! Li abbiamo creati a nostra immagine, ma pensavamo che fossero solo poco più che macchine.»

Carter abbassò lo sguardo sul corpo martoriato del Borg. Ora aveva un’espressione serena, perché il suo collega gli aveva prestato le prime cure e non soffriva più come prima. Se era vero che Borg 34 era come impazzito per via dell’alta concentrazione di radiazioni, era anche vero che l’essere sembrava essersi discostato dallo scopo per cui era stato mandato in esplorazione e si fosse messo alla ricerca dei compagni che non avevano fatto ritorno. Non solo aveva messo in salvo il Borg ancora in vita, ma aveva rischiato la sua vita per recuperare i corpi senza vita degli altri. Carter non era in grado di dire se le radiazioni fossero le sole responsabili di un tale comportamento, ma forse aveva ragione McKarty: avevano in mano molto più che semplici dati ambientati…